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Omicidi e sparizioni, il 2020 dei clan della Sibaritide: in guerra per appalti e potere

Guarda il video, clicca qui: Lacnews24.it

Il 2020 porta dietro di sé una serie di omicidi che, secondo gli investigatori, proverebbero la lotta intestina interna alle cosche della Sibaritide per accaparrarsi potere e denaro. E ciò che rende ancora più appetibile la scalata al comando del crimine organizzato è il capitolo degli appalti pubblici: il tratto di statale 106 jonica Roseto-Sibari; l’ospedale della Sibaritide; l’affaire che ruota attorno al destino della centrale Enel di Corigliano-Rossano. E d’altronde, gran parte delle opere pubbliche che hanno riguardato l’area jonica sono state infiltrate della malavita organizzata, tra queste la Longobucco-mare e la Sibari-Sila.

Morti e lupare bianche

Si parte dall’omicidio del boss Leonardo Portoraro, la cui morte innesca una reazione a catena di violenza che insanguina le strade e le contrade della Sibaritide. Poi il rinvenimento del corpo di Pietro Longobucco. Segue la sparizione del suo fiduciario Antonino Sanfilippo, 31 anni, verso cui propende una ipotesi di lupara bianca. Stessa sorte per Cosimo Rosolino Sposato, ritenuto vicino agli ambienti criminali. Il successivo rinvenimento dei corpi di Pietro Greco e Francesco Romano, chiudono il 2019 caratterizzato dall’onda postuma all’omicidio di Leonardo Portoraro.

Guerra aperta

Il 2020, dunque, si apre con sangue e violenza. Episodi sui quali l’antimafia indaga per risalire a esecutori e mandanti. La scia sangue non si arresta. Si stringono nuove alleanze, anche tra ranghi storicamente in conflitto. L’ultimo omicidio in ordine di tempo risale agli inizi di questo dicembre, nel mirino Giuseppe Gaetani, 50 anni, cassanese, anch’egli uomo di fiducia di Leonardo Portoraro.  Ma le pallottole della ‘ndrina iniziano a farsi sentire già dal gennaio 2020 quando nei pressi del castello ducale di Corigliano riesce a farla franca Domenico Russo, contiguo a Pietro Longobucco. Il 3 giugno 2020 è di scena l’ennesimo omicidio a Cassano: la spietata sentenza di morte ricade su Francesco Elia, 40 anni, incensurato, figlio di Alfredo Elia e nipote di Giuseppe Elia, entrambi boss del cassanese uccisi negli anni ’90.

La reazione della società civile

Agli omicidi si uniscono atti intimidatori, auto incendiate, rapine, scippi, traffico di droga, estorsioni. Una sequela di atti delinquenziali che scatena tensioni e allarme sociale, a tal punto da attivare una serie di iniziative nella società civile e la programmazione di una giornata di mobilitazione pubblica per le vie principali di Corigliano Rossano, poi interrotta a causa delle prescrizioni Covid. Tra le azioni intraprese un esposto da presentare alla Corte di Giustizia europea affinché accerti le ragioni che si celano dietro la chiusura dell’ex tribunale di Rossano. (fonte lacnews24.it)

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