Trebisacce. “Ribelliamoci, ribelliamoci, non con la violenza ma con la forza delle nostre ragioni perché ci hanno tolto il diritto sacrosanto alla salute”. “La protesta solo verbale non funziona. E’ necessario bloccare strade e ferrovie e se necessario imbracciare i forconi perché le sentenze vengano rispettate”. “Chiudono gli ospedali pubblici per favorire la sanità privata e con l’autonomia differenziata sarà ancora peggio”. “Non dobbiamo fermarci qui ma alzare il tiro e, se è necessario, ricorrere ad iniziative eclatanti”. Sono solo alcune delle proteste raccolte tra la gente nel corso della seconda manifestazione pubblica organizzata dal Laboratorio Politico “Sinistra al Quadrato” in collaborazione con il “Comitato Civico per la Riapertura del Chidichimo”. Anche questa volta non è stata registrata quell’affluenza popolare che un tema così importante meriterebbe. Segno evidente, come è stato sottolineato da più parti, che la gente, messa di fronte alle tante promesse e agli impegni finora pubblicamente assunti e mai mantenuti, è rassegnata e non crede più a nessuno. E, cosa ancora più clamorosa, è stata ancora una volta l’assenza totale dei sindaci del Comprensorio che dovrebbero farsi carico dei bisogni sanitari dei propri cittadini, tutti seriamente danneggiati dalla perdurante chiusura del loro ospedale di riferimento. Incoraggiante invece la presenza di numerosi dirigenti sindacali, di esponenti di politici e di segretari di partito (quasi tutti di sinistra) che, venuti anche da lontano (Catanzaro, Cosenza, Corigliano-Rossano, Cariati…) hanno preso la parola e manifestato il loro sostegno e la loro solidarietà alle popolazioni dell’Alto Jonio che dal 2010 reclamano un diritto negato.
La manifestazione odierna, che da quanto hanno ribadito il portavoce del Laboratorio Politico Pasquale Corbo ed i referenti del Comitato Civico Giuseppe Mangone e Domenico Donadio intende proseguire nella propria azione di denuncia e di protesta fino a quando il “Chidichimo” non sarà riaperto, si è svolta in concomitanza con un’importante seduta del Consiglio di Stato che, dopo le sentenze pronunciate a favore della riapertura del presidio ospedaliero che copre un’intera area “di confine”, tornerà a discutere proprio sul futuro del “Chidichimo”.
Nel merito, oltre a tanta gente comune desiderosa di far sentire il proprio malcontento, hanno preso la parola Ferdinando Pignataro Segretario Regionale di Sinistra Italiana che ha sottolineato l’utilità economica di investire sul “Chidichimo” quale ospedale di confine in grado di drenare la migrazione sanitaria. “Non dobbiamo fermarci qui – ha detto Pignataro accusando l’attuale governo regionale di ambiguità – ma alzare il tiro con iniziative eclatanti”. “In una democrazia – ha detto da parte sua Mimmo Serrao Segretario Regionale di Rifondazione Comunista alzando il tiro su Roberto Occhiuto quale Governatore e Commissario della Sanità – tutti i diritti civili sono frutto di conquiste che non durano in eterno e perciò bisogna difenderli tutti i giorni attraverso una partecipazione vigile, attiva e responsabile”.
“Nella sanità calabrese, e in particolare nella provincia di Cosenza, – ha dichiarato il consigliere regionale Ferdinando Laghi in difesa del “Chidichimo” quale ospedale di frontiera capace di contrastare la migrazione sanitaria – ci sono figli e figliastri e manca la volontà politica di cambiare le cose”. “Insieme al consigliere Laghi – ha dichiarato da parte sua Davide Tavernise capogruppo del movimento 5Stelle alla Regione dopo aver sottolineato che bisogna coinvolgere tutti i cittadini che rischiano ogni giorno di morire per strada alla ricerca di un ricovero – faremo un’interrogazione scritta e in riferimento al “Chidichimo” e alle chiacchiere che si fanno nella comunicazione istituzionale della Regione, chiederemo al presidente Occhiuto una risposta ufficiale sul reale stato delle cose. Ma solo attraverso una battaglia condivisa da tutti e solo provocando “un caso” riusciremo a far aprire ospedali importanti come Cariati, Praia e Trebisacce che costano di più a tenerli chiusi che ad aprirli”.
Pino La Rocca