Editoriale. La scuola deve insegnare il senso critico, non solo la nozione

La riapertura delle scuole è un appuntamento che, come ogni anno, porta con sé il rinnovarsi di buoni propositi e aspettative. Ma il ritorno in aula dovrebbe rappresentare molto più di una semplice ripresa delle lezioni. Non è solo agli studenti che bisogna guardare, ma soprattutto a chi è alla guida delle istituzioni scolastiche e al corpo docente. La sfida più grande è far comprendere che la scuola non è solo un luogo di trasmissione di nozioni: è l’ambiente in cui si forma l’individuo nella sua interezza. E su questo punto, ahimè, si sta sempre più fallendo.

Oggi assistiamo a un allarmante appiattimento delle nuove generazioni verso il conformismo, verso tutto ciò che viene loro imposto dall’alto. Sembra essersi perso il senso critico, la capacità di interrogarsi e mettere in discussione il mondo che ci circonda. La scuola dovrebbe essere la palestra dove si sviluppa questo spirito critico, eppure troppo spesso si trasforma in una fabbrica di voti e diplomi, uno “stipendificio” che, alla fine dei conti, si preoccupa più di mantenere i propri numeri che di fornire un reale valore educativo.

L’aziendalizzazione delle scuole, figlia delle recenti riforme, ha contribuito a questa deriva. Ormai si lotta per le iscrizioni, per far quadrare i conti, per raggiungere gli obiettivi numerici. Ma la vera missione della scuola dovrebbe essere un’altra: formare cittadini consapevoli, dotati degli strumenti per affrontare il mondo con occhi critici. La competizione basata sui numeri, sulla quantità invece che sulla qualità, svuota di significato il concetto stesso di educazione.

E qui si apre un’altra dolorosa ferita. Pensiamo alla Calabria, una regione con un patrimonio naturale e culturale immenso ma con un tessuto sociale ed economico in crisi. Una terra da cui i giovani continuano a emigrare in cerca di un futuro migliore. La scuola dovrebbe essere il motore di una nuova consapevolezza, il luogo in cui seminare l’amore per la propria terra e la voglia di restare per migliorarla. Ma ciò sarà possibile solo se si tornerà a puntare sulla qualità dell’insegnamento e sulla formazione integrale dell’individuo.

Spesso si dice che per cambiare la scuola bisognerebbe prima formare i formatori. Ed è vero: i docenti devono essere i primi a coltivare il senso critico, a capire che il loro ruolo va oltre il semplice trasferimento di informazioni. Devono essere in grado di stimolare nei giovani la curiosità, la voglia di capire il mondo, la capacità di distinguere il giusto dall’ingiusto.

Oggi viviamo in una società in cui l’apparenza conta più della sostanza, e questo messaggio si riflette anche nell’ambiente scolastico. Ma la scuola ha il dovere di ribellarsi a questa deriva, di essere un faro di pensiero critico in un mare di conformismo. Deve insegnare che la vita non si misura solo con i numeri, ma con la qualità delle esperienze, delle relazioni, dei valori.

E allora, che inizi davvero una nuova fase di consapevolezza. Non basta fare il proprio dovere per chiudere la partita: dobbiamo chiederci quale sia la qualità di ciò che stiamo facendo. Solo così potremo sperare che i nostri figli trovino la forza di restare in questa terra straordinaria, la Calabria, e contribuire a costruire un futuro migliore. La scuola ha un ruolo fondamentale in questo processo, ed è ora di prenderne coscienza.

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