Mi sono bastati alcuni video (ho reso noto solo un fermoimmagine), girati sabato notte intorno all’una, per finire bersaglio di commenti velenosi, anche offensivi. Il “reato”? Aver riportato la realtà ed essermi appellato al diritto di critica: il lungomare di Rossano era, in quella fascia oraria, un deserto. Non serviva renderlo pubblico. Chi c’era sa, non perdo una sillaba su chi non c’era e finge di esserci stato, mentre chi non c’era non vuole sapere. In tanti, invece di interrogarsi sul perché di quell’immagine, hanno preferito attaccare chi l’ha raccontata. È sempre così, da queste parti. C’è chi si è indignato per la visibilità della notizia, non per il contenuto. C’è chi ha preferito pensare alla reputazione della città piuttosto che alle condizioni in cui versa. Tra questi, anche figure istituzionali, le stesse che a parole dicono di volere più Stato, più presenza, più sicurezza. Ma nei fatti, appena qualcuno racconta un disagio, si scandalizzano. A me, però, questa reazione non scompone. Conosco Rossano e i rossanesi come le mie tasche. Lo dico da cronista e da rossanese. So come si muovono, e quali interessi ci sono dietro ad alcuni che si espongono per conto terzi. Premetto che nessuna ideologia mi accompagna in questa disamina, solo osservazione dei fatti. E i fatti dicono che il problema c’è da anni. Già ad agosto dello scorso anno – non a giugno, ad agosto – il lungomare era vuoto. Qualcuno finge di non ricordarlo. E adesso si soffermano se all’una di notte di un giorno qualsiasi di giugno vi era il deserto o no. Quanta immaturità! È chiaro che gli episodi di criminalità ultimi hanno inciso ulteriormente sui flussi, ma non sono la causa. C’è una crisi strutturale dell’area urbana di Rossano. Una crisi ignorata, nascosta, minimizzata. E chi dovrebbe denunciare, far sentire la propria voce, preferisce tacere. Mi riferisco ad alcuni operatori turistici – non tutti, per fortuna – che restano proni, da sempre, alle amministrazioni di turno. Mai un commento, mai una presa di posizione. Tacciono su tutto: sul piano spiaggia, sulla depurazione, sull’espansione urbanistica sballata come l’idea fallimentare di realizzare insediamenti residenziali sulla costa! Quando va bene si parla dietro le quinte, in privato. Si accontentano di lavorare quei 40 giorni, incassare, chiudere, sparire. Il resto non interessa: né i servizi, né i luoghi, né i giovani. Eppure, abbiamo una scuola alberghiera nel territorio che sforna professionalità. Ma nei locali si nota l’improvvisazione, non la professionalità.
Poi ci sono i silenzi più gravi, quelli sulla cronaca, sullo spaccio nei centri nevralgici. Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla. E ha ragione il procuratore Alessandro D’Alessio quando afferma che manca lo spirito collaborativo. Essere criticati, dunque, per avere scritto cose che sanno tutti, per aver chiesto più Stato (l’intervento dell’Esercito) e più sicurezza per garantire la prosecuzione della movida proprio nell’interesse degli operatori turistici rappresenta l’apice dell’ipocrisia. Il problema non è chi mostra le crepe, ma chi finge che il muro sia solido. Diversa, per alcuni aspetti, è l’imprenditoria coriglianese: più concreta, più collaborativa tra loro, più dignitosa. E questo la dice lunga su quale parte del territorio abbia ancora voglia di costruire. E allora anziché animare polemiche inutili, sterili, che si crei un clima collaborativo, si comprendano le ragioni della crisi strutturale, e si assumano decisioni coraggiose. Supini non si va da nessuna parte. Né mi sottrarrò mai al diritto di pensare a voce alta per un manipolo di soggetti che sputa veleno perché mosso da interessi: non possiamo non sensibilizzare dopo gli orrendi fatti avvenuti, e non possiamo non farlo per la vendita di qualche panino in più! Neanche nel Turkmenistan (dove non esiste il pensiero critico) si leggono certi commenti. E badate bene, non sono tra quelli che va alla ricerca di responsabilità politiche per il gusto di accusare. Perché è facile accusare soprattutto quando non si amministra. Ma non dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia. L’idea portante è: osservare i fatti, monitorarli, analizzarli, studiarli e trovare soluzioni. Non certo scannarsi o offendere come, con amarezza, si cimenta qualche pseudo amante della fede. Che di fede ha solo la spasmodica ricerca di un posto al sole. E non vado oltre per decenza umana.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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2 risposte
La critica costruttiva dovrebbe essere da sprono.
Non ho letto e non leggo nulla che sia diverso dalla realtà, quale è la circostanza scandalosa o quella che crea imbarazzo….
Il turismo come del resto altro per l’interesse per il territorio, non può vivere di apparenze, per questo a schiavonea o la vicino mirto, il turismo balneare è circa 30 anni in avanti rispetto, purtroppo, rossano.
Lo dimostrano nettamente anche i prezzi per bere una birra o mangiare una pizza…. non è un assalto come da noi, si lavora sulla quantità con la certa garanzia che quel cliente ritorna e spende nuovamente nello stesso locale.
Non conosco la situazione a Rossano, ma conosco la situazione a Schiavonea e posso dirti che la mentalità resta uguale nel senso che ci si accontenta dei tre mesi di guadagno e puntualmente a fine Agosto ci vediamo l’anno prossimo.. e pensare che siamo in Calabria e se il tempo regge è possible fare il bagno e godere del lungomare anche a novembre. Invece scatta il coprifuoco.. Forse non ci meritiamo nulla.