EDITORIALE | Minnicelli e Graziano, i protagonisti dimenticati della fusione

Sette anni dopo, Corigliano-Rossano vive ancora a metà del suo progetto: la città è cresciuta, ma la politica non crede fino in fondo all’idea che l’ha fatta nascere. Sette anni non bastano per costruire un’identità, ma sono abbastanza per capire se un’idea ha messo radici. Quella della fusione tra Corigliano e Rossano, tra le più coraggiose della storia recente calabrese, ha generato una città nuova ma non ancora pienamente consapevole di sé. Il processo amministrativo è andato avanti, certo, ma senza la spinta ideale che lo aveva fatto nascere. Oggi Corigliano-Rossano è la terza città della Calabria, un dato che basterebbe da solo a raccontare la portata di quel progetto. Eppure la sensazione, palpabile nei corridoi e nelle piazze, è che quella spinta iniziale si sia affievolita. La fusione vive più di inerzia che di visione, più di burocrazia che di sogno. Quando nacque, la fusione fu un atto di coraggio e di lungimiranza. Nacque per superare i limiti di due comunità che da sole non potevano più crescere. L’obiettivo non era solo amministrativo, ma culturale: cambiare la percezione del territorio, conquistare centralità, smettere di essere periferia. Oggi, però, quel progetto rischia di smarrirsi nelle pieghe di una gestione quotidiana priva di entusiasmo. Manca una direzione politica chiara, manca soprattutto la consapevolezza che la fusione non è un evento ma un percorso. Non basta firmare un atto: serve nutrirlo ogni giorno, con idee, con partecipazione, con visione.

Minnicelli, il giurista che ha aperto la strada

Tra i volti che hanno reso possibile tutto questo c’è l’avvocato Amerigo Minnicelli, insieme a tanti altri ovviamente.. La sua competenza, la sua capacità di leggere il diritto amministrativo come strumento di cambiamento, furono decisive. Minnicelli comprese prima di altri che la fusione non era un capriccio burocratico, ma un atto fondativo. Un’occasione per mettere insieme energie, economie, destini. Eppure, dopo l’unificazione, la città lo ha dimenticato. Nessun ruolo, nessun riconoscimento, nessun ascolto.

Graziano, il politico che ha saputo aprire le porte

Accanto a lui, Giuseppe Graziano. Uomo di relazioni, di pragmatismo e di spiccata  visione istituzionale quando trattò l’argomento. Ha saputo muoversi con determinazione nelle sedi che contano, convincendo un sistema politico spesso sordo alle ragioni delle aree periferiche. Non è facile entrare nei meccanismi oligarchici del potere calabrese quando si arriva da fuori dai grandi centri tra l’altro su un progetto inviso anche ai poteri forti, eppure Graziano ci è riuscito. Anche grazie a una sintonia con l’allora presidente Mario Oliverio, che comprese l’importanza storica del momento. La mancata rielezione di Graziano non cancella il suo contributo. Lo evidenzia, semmai, come simbolo di una politica che fatica a riconoscere chi costruisce ponti invece di scavare fossati.

Il vuoto politico e l’occasione mancata

Il limite più evidente, oggi, non sta nel progetto ma nella sua gestione. Dopo la fusione, sarebbe servito un organismo costituente, una cabina di regia composta dalle menti e dalle sensibilità che avevano concepito il disegno, capace di accompagnare la città nei primi anni di vita unitaria. Invece, ci si è divisi, presentandosi con bandiere diverse, visioni diverse, interessi spesso contrapposti. E qui la responsabilità ricade su tutti, nessuno è esente da colpe| È mancata la maturità politica per riconoscere che quella stagione richiedeva un patto alto, non una contesa elettorale. Il prezzo di quella frammentazione lo si paga ancora oggi: decisioni lente, visioni contrapposte, una cittadinanza che fatica a sentirsi parte di un unico corpo.

Una città in attesa di sé stessa

Corigliano-Rossano ha cambiato volto, ma non ancora sguardo. È cresciuta in numeri, in visibilità, in ruolo, ma non ha ancora costruito una narrazione condivisa. L’idea di “noi” resta fragile, confinata nei discorsi ufficiali. Eppure la città possiede tutto per diventare un polo attrattivo: una posizione strategica, un sistema economico articolato, una storia che intreccia tradizione e modernità. Da qualche tempo, qualcuno parla persino di una candidatura alla presidenza della Regione Calabria. È un segnale: fuori dai confini comunali, la nuova città viene percepita come realtà matura, come interlocutore politico di peso. Ma questa percezione esterna non basta se dentro la comunità continua a mancare la convinzione.

Ritrovare la memoria per andare avanti

Oggi serve un cambio di passo. Serve un gesto di riconciliazione politica e civile con chi ha reso possibile la fusione. Non per nostalgia, ma per giustizia. Perché una comunità che dimentica i suoi fondatori smarrisce la direzione. Minnicelli e Graziano (oltre ai tanti che hanno partecipato e lavorato al percorso di fusione che non nasce come banalmente afferma qualcuno per riaprire il tribunale, anche perché l’idea nacque ancor prima della chiusura del presidio giudiziario) rappresentano, in modi diversi, l’intelligenza e la determinazione di un territorio che seppe osare. Rilegittimarli nel dibattito pubblico significherebbe rimettere al centro l’idea originaria della fusione: costruire insieme, non governare contro. È il momento di ricucire. Di ritrovare quella “costituente morale” che sette anni fa rese possibile l’impossibile. Se la politica continuerà a vivere di divisioni e calcoli, la fusione resterà un titolo sullo statuto comunale.
Ma se si tornerà a crederci, se si recupererà la forza originaria di quel sogno, Corigliano-Rossano potrà davvero diventare la città che immaginava di essere: non la somma di due storie, ma l’inizio di una nuova.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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