Il grande palazzo dove attualmente sono situati gli uffici comunali di “Santanaria” ha una storia antica e nei secoli ha ospitato varie istituzioni. Inizialmente fu un convento, poi dal 1865 Tribunale e Corte di Assise e infine dal 1871, oltre al Tribunale, ospitò in contemporanea il Ginnasio e le Scuole Tecniche. Con il successivo spostamento del Ginnasio a Santa Chiara, tutto l’edificio venne destinato a sede degli Uffici Giudiziari fino a quando questi, nella seconda metà del ‘900, vennero traferiti a Santo Stefano e il Palazzo intero di Piazza Santi Anargiri divenne sede degli uffici comunali.
In quell’anno furono acquistate parecchie case che si trovavano intorno al vecchio monastero per poterle abbattere e creare ulteriori spazi per il costruendo edificio che fu terminato nel 1611. Nel 1618 fu trasferita la parrocchia dei Santi Cosimo e Damiano, due santi che nella loro esistenza, da medici, avevano prestato gratuitamente la loro assistenza agli ammalati.
Qualche anno prima, nel 1606, il sindaco Muzio Nigro aveva disposto che il nuovo edificio avrebbe dovuto accogliere le donzelle periclitanti, le giovani in pericolo, acquisendo così la denominazione di “Pia Casa del Rifugio”.
Problemi sorsero quando bisognò individuare e stabilire le risorse necessarie per consentire al convento e alle monache di avere quanto necessario per sostenere la normale attività conventuale. L’arcivescovo Lucio Sanseverino stabilì che le monache, che dovevano vivere secondo la regola francescana, per entrare a far parte della comunità avrebbero dovuto portare una dote di 200 ducati che, dopo la loro morte, sarebbe stata incamerata nel patrimonio del monastero.
In seguito, e precisamente nel 1612, il nobile rossanese Lelio Palopoli, morì senza lasciare figli e nominò suo erede Lelio Martucci con l’obbligo però di destinare 2.000 ducati dell’eredità alla fondazione di un monastero di donne che avrebbe dovuto prendere il nome di “Cappuccinelle”. Comunque, poiché l’arcivescovo Sanseverino non reputò tale somma sufficiente per edificare e attrezzare un monastero, il suo successore Girolamo Pignatelli ordinò che i suddetti 2.000 ducati venissero utilizzati per acquistare beni immobili le cui rendite sarebbero servite a sostenere il monastero di Santi Anargiri.
Nell’aprile del 1767 le suore rivolsero una supplica all’arcivescovo Guglielmo Camaldari affinché consentisse il loro passaggio dall’ordine francescano a quello di S. Basilio Magno, secondo la regola della fondatrice Santa Macrina, continuando però a mantenere il titolo di S. M. Maddalena, de’ Santi Anargeri, Cosma e Damiano.
Le suore vestivano un abito di ruvida lana con lo stesso taglio di quello di Santa Macrina e officiavano le loro preghiere un primo tempo a mezzanotte e successivamente all’alba. Nell’anno osservavano due quaresime, come i cappuccini, mentre la Badessa veniva eletta ogni tre anni.
Insomma, a conclusione di questa breve nota, nel caso si gusti una granita da Tagliaferri è bene sapere che gli ambienti di cui si è circondati hanno sulle spalle secoli e secoli di storia.
(le notizie contenute nell’articolo sono state tratte dal “Cenno storico della città di Rossano” di Luca de Rosis, 1838)
I racconti di Martino A. Rizzo ~ ogni mercoledì su I&CMartino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili. |