Squali e Razze del Mediterraneo a rischio estinzione: L’allarme di un nuovo studio italiano

NAPOLI, 2 luglio 2025 – Il Mediterraneo è uno dei luoghi più a rischio al mondo per la sopravvivenza di squali e razze. Queste specie, estremamente vulnerabili alla pesca intensiva, stanno affrontando una minaccia sempre più concreta di estinzione. A lanciare questo preoccupante allarme è un nuovo studio pubblicato sulla rivista internazionale Fish and Fisheries, frutto del lavoro di un team di ricercatori italiani coordinati dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn.

Secondo i dati raccolti, la maggior parte delle popolazioni di squali e razze presenta una bassa produttività. Le loro caratteristiche vitali, come la riproduzione in età avanzata e la bassa fecondità, le rendono incapaci di sostenere la forte pressione di pesca a cui sono sottoposte lungo le coste italiane e mediterranee.


 

Tempo di recupero: Decenni per un raddoppio delle popolazioni

 

Lo studio ha analizzato 82 popolazioni appartenenti a 51 specie diverse, utilizzando modelli demografici basati su parametri biologici cruciali come età alla maturità, longevità e fecondità. L’obiettivo era stimare il “rebound potential”, ovvero il tasso di crescita di una popolazione una volta interrotta la pressione della pesca.

I risultati sono allarmanti: per la maggior parte delle specie, sarebbero necessari oltre 40 anni per raddoppiare numericamente la popolazione. In casi estremi, come quello dello squalo bianco, si parla di quasi 100 anni.


 

Urgenza di agire: Ridurre la pesca e colmare le lacune nei dati

 

Questa analisi fornisce una base di riferimento inedita su scala regionale per comprendere la produttività degli elasmobranchi (squali e razze) del Mediterraneo e la loro capacità di resistere all’attuale pressione di pesca. I risultati sono cruciali per lo sviluppo di strategie di conservazione mirate, per orientare le politiche di pesca e per rafforzare l’adesione ai trattati internazionali.

Tuttavia, lo studio evidenzia anche gravi carenze nei dati biologici disponibili, soprattutto per le specie pelagiche (che vivono in mare aperto) e di profondità. Per ovviare a ciò, viene proposto un approccio semplificato per stimare la resilienza delle popolazioni anche in assenza di informazioni dettagliate.

“Questo lavoro rappresenta un passo avanti per la gestione sostenibile degli elasmobranchi nel Mediterraneo,” hanno sottolineato i ricercatori, aggiungendo che “mostra l’urgenza di ridurre la pressione della pesca e colmare le lacune nei dati biologici.”

Il messaggio è chiaro: senza un deciso cambiamento di rotta, molte di queste specie rischiano di scomparire dalle nostre coste. Gli autori sottolineano la necessità di considerare le specificità biologiche di squali e razze, adottando un approccio precauzionale nella loro gestione e promuovendo l’inclusione di questi risultati nei Piani d’Azione Nazionali e nelle misure regionali di tutela.

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